Sintesi del percorso Il lavoro è stato realizzato in una seconda media abituata a lavorare con i modelli mentali e in modo collaborativo dall'inizio della prima, si trattava quindi di una classe già autonoma e responsabile sia nella gestione dei gruppi sia nel governare un processo complesso. Proprio per questo si è ritenuto interessante sperimentare quale potesse essere il valore aggiunto dal punto di vista dell'apprendimento utilizzando un software progettato per la costruzione collaborativa di mappe concettuali. Nella gestione del percorso in classe abbiamo costantemente fatto interagire, all'interno di un approccio didattico costruttivista e in un'ottica di complessità reticolare, i modelli mentali tratti dalle scienze cognitive, l'apprendimento cooperativo e l'ambiente tecnologico1. Il compito, concordato con gli alunni, prevedeva che ciascun gruppo preparasse una lezione per i compagni, ed i materiali utili a supportarla (mappe, lucidi, schede esplicative...), sui componenti abiologici dell'ambiente (aria, acqua, suolo). Abbiamo lavorato per due ore settimanali durante i mesi di novembre e dicembre per la preparazione dei materiali, durante il mese di gennaio per l'esposizione dei lavori. La valutazione è stata effettuata sia in itinere sia al termine del lavoro sui contenuti e sulla gestione del gruppo ed ha coinvolto docenti ed alunni. La classe è stata suddivisa in gruppi di quattro2. Le tecniche di costruzione dei gruppi sono molteplici e adatte alle più varie situazioni didattiche3, in questo caso si è optato gruppi casuali, costruiti a partire da brevi giochi. Ciascun gruppo di lavoro ha poi discusso al proprio interno quale funzione specifica assegnare ad ogni componente, cercando di tenere presenti le caratteristiche dei compagni e sapendo che alla fine avrebbero valutato insieme i risultati. Per enfatizzare l'importanza ed il significato dei ruoli abbiamo utilizzato un cartellino da appendere alla camicia, in modo che durante il lavoro ciascuno ricordasse il proprio compito e quello dei compagni. I ruoli che abbiamo individuato sono già abbastanza complessi ed articolati trattandosi, come è stato detto, di una classe già abituata ad utilizzarli: il controllore (controlla il tono di voce, attribuisce la parola, fa attenzione ai tempi); la guida (spiega il compito, ricorda le istruzioni, fornisce suggerimenti); il facilitatore (favorisce la partecipazione, attribuisce i compiti, aiuta chi è in difficoltà); il verbalizzatore (ricapitola il lavoro, elenca le difficoltà ed i progressi, descrive le dinamiche relazionali). Ciascun gruppo ha tenuto un diario della sessione di lavoro per sintetizzare i momenti fondamentali dell'attività svolta. Durante i primi tre incontri i ragazzi hanno iniziato ad esaminare il libro di testo relativamente all'argomento da loro scelto, non è stata data alcuna spiegazione da parte dell'insegnante. Ogni gruppo ha gestito il lavoro in modo autonomo scegliendo le strategie che più si confacevano ai singoli componenti. All'interno di ciascun gruppo l'alunno con la funzione di facilitatore ha utilizzato le strategie cooperative che ha ritenuto più adatte per aiutare i compagni chiedendo solo raramente l'intervento o l'aiuto del docente. Il verbalizzatore aveva il compito di osservare le dinamiche interne al gruppo annotando progressi e difficoltà per stendere il verbale di ciascun incontro. Per la costruzione della mappa è stato lasciato ai ragazzi il tempo per effettuare un ampio confronto sulle soluzioni possibili e sulle integrazioni apportate dai singoli, per mettere in evidenza le diverse modalità di organizzazione che la trattazione di uno stesso argomento può assumere, valutandone anche l'efficacia comunicativa. L'attività del gruppo è stata monitorata durante tutta la durata del lavoro, dando feed-back costanti non solo sugli aspetti produttivi ma anche su quelli relazionali, aiutandolo a osservare e riflettere sul proprio funzionamento. L'insegnante ha predisposto in Cmap una mappa sull'organizzazione del lavoro a cui ciascun gruppo avrebbe allacciato i propri elaborati. In una lezione di due ore il software è stato presentato alla classe, soprattutto per gli aspetti che riguardano la gestione di un lavoro comune su un server che richiede una certa attenzione nel caricare e nel salvare i materiali. Successivamente è stato richiesto ai gruppi di riprodurre la mappa su Cmap; è stato questo uno dei momenti in cui in modo evidente è emerso il peer tutoring tra i ragazzi, cioè la capacità di cooperare aiutandosi a vicenda; le competenze dei singoli alunni e la capacità degli stessi di coinvolgere i compagni nel portare a termine il lavoro hanno consentito a tutti di realizzare il compito richiesto nel tempo prestabilito, anzi in un tempo minore di quello che noi docenti avevamo preventivato. Nelle figure 2 A e 2 B si può notare la differente organizzazione dei concetti, data da due gruppi, sull'argomento ARIA. Alla conclusione di questo primo step è stata svolta una verifica orale in classe. Sono state preparate alcune domande a cui doveva rispondere, previa consultazione con i compagni del gruppo, l'alunno scelto a turno dal docente. Si è così verificato l'avvenuto apprendimento dei contenuti minimi da parte di ogni componente del gruppo ed il livello di cooperazione del gruppo medesimo. La verifica ha avuto esito positivo non solo per ciò che ha riguardato l'acquisizione del contenuto vero e proprio, su 26 domande l'85,2% di risposte corrette, ma soprattutto per il setting che si è venuto a creare: gli alunni che avevano sempre avuto difficoltà nell'esposizione orale e che difficilmente si esponevano in prima persona, in questa situazione hanno partecipato al lavoro con grande coinvolgimento dovuto alla possibilità che è stata loro offerta, e di cui erano consapevoli, di poter contribuire alla crescita del gruppo di appartenenza dimostrando in alcuni casi più alti livelli di autostima; inoltre alcuni alunni, con maggiori difficoltà, sono stati spontaneamente "interrogati" dal compagno facilitatore del gruppo invece che dal docente. Durante la fase di verifica orale il compito dell'insegnante è stato quello di stimolare la discussione al fine di evidenziare alcuni approfondimenti o aspetti non emersi del problema affrontato; di guidare la discussione con opportune domande, per aiutare alcuni gruppi a trovare le modalità per esplicitare i punti complessi e favorire, attraverso processi di mediazione, nuove acquisizioni cognitive (di concetti o di relazioni) mettendo gli alunni in condizione di procedere il più possibile da soli attraverso l'interazione con i compagni arrivando gradualmente a elencare eventuali approfondimenti del lavoro già svolto. La seconda fase della verifica ha riguardato la valutazione delle mappe costruite dai gruppi4. La valutazione di ciascuna mappa si ricava attraverso il confronto tra la mappa del docente, redatta a partire dai contenuti principali del testo e priva di approfondimenti, con quelle dei singoli mediante l'assegnazione di punteggi percentuali. I criteri di valutazione possono essere: il numero di concetti utilizzati, il numero di esempi, il numero di frasi di senso compiuto presenti nel lavoro, il numero di legami trasversali, la gerarchia dei concetti, la leggibilità grafica. Le mappe del docente devono venir considerate come una possibile traccia tenendo sempre presente che non esiste la mappa perfetta di un determinato concetto5. Il docente quindi dovrebbe limitarsi a verificare se la mappa prodotta dagli alunni è ben organizzata da un punto di vista grafico, evidenzia un percorso, se esiste una condivisibile gerarchizzazione dei concetti, quante correlazioni tra concetti sono state evidenziate. Quest'ultimo punto è fondamentale per la valutazione in quanto maggiore è il numero di legami trasversali presenti, più ricca e reticolare è l'organizzazione cognitiva dell'alunno. Contestualmente si è svolta anche la verifica del lavoro da parte della classe: i gruppi si sono confrontati esaminando le varie mappe prodotte, ponendo domande di chiarimento e rispondendo alle domande rivolte dai compagni. Questa fase è stata svolta utilizzando la modalità Collaboration del software, che permette di agganciare ai concetti un piccolo ambiente di discussione. Successivamente ciascun gruppo ha ristrutturato e corretto il proprio lavoro, aiutandosi con le indicazioni dei docenti e quelle dei compagni segnate in Collaboration (Fig.3). Inoltre si è riflettuto insieme sulle modalità di lavoro adottate nei gruppi, sui problemi incontrati e sulla funzione svolta da ciascuno, attraverso la compilazione di schede strutturate e la lettura dei verbali settimanali. Al termine di questa fase abbiamo ridefinito insieme la traccia della prosecuzione del lavoro ed i compiti dei gruppi e dei singoli. Alcuni ragazzi si sono occupati di approfondire alcuni aspetti del lavoro attraverso la consultazione di altri testi e la ricerca in internet, altri hanno lavorato sulla mappa per ricavarne una sorta di trascrizione lineare che è servita poi al gruppo come schema base per produrre relazioni scritte ed orali sull'argomento. Alcune note sui presupposti didattici I modelli mentali (mappe, frame, script e schemi), nascono in ambito cognitivista come strumento di analisi delle concezioni dei singoli e si caratterizzano per un'impostazione individualistica che ha originariamente trascurato la valenza del contesto sociale e culturale nella formazione dei belief system e in generale della costruzione di conoscenze. Queste concezioni hanno tuttavia avuto il merito di sottolineare il ruolo attivo e intenzionale del soggetto in apprendimento6 e, a nostro avviso, di fornire, proprio attraverso i modelli mentali, potenti strumenti che possono essere utilizzati per la condivisione e la negoziazione di conoscenze e significati. Infatti attraverso l'uso di questi modelli è possibile rendere espliciti ed in certo modo concretamente visibili i processi di pensiero, facilitando la riflessione sui propri processi cognitivi, per superare i limiti tradizionali della trasmissione di saperi e del conseguente studio mnemonico, a favore sia di una costruzione di significati che ristrutturi la rete concettuale preesistente, integrandola con nuove conoscenze, sia di una graduale acquisizione di competenze più profonde, quelle metacognitive. Le mappe concettuali sono da noi utilizzate come espressione di un sapere in continua trasformazione e non come riproduzione fotografica di un ambito disciplinare o di un codificato sistema di conoscenze. Una mappa rappresenta ciò che una comunità ha costruito e condiviso in un determinato momento, quindi è sempre soggetta a cambiamenti e successive modifiche e integrazioni. Consideriamo allora la classe come una piccola comunità scientifica, che esprimerà il proprio modo di pensare ed interpretare la complessità della realtà, a partire dalle conoscenze pregresse, attraverso la sperimentazione, la ricerca e la condivisione. In questo contesto l'insegnante diviene costruttore di ambienti di apprendimento: progetta situazioni che permettono agli studenti di agire i percorsi in modo consapevole, orientando senza dirigere e stimolando momenti di riflessione individuale e collettiva, aiutandosi con domande e consegne volutamente aperte che gli allievi possono affrontare determinando, almeno in parte, modi e percorsi, sulla base del proprio stile, degli interessi e delle strategie personali. L'insegnante incoraggia, aiuta, approva ed orienta: mostra come si fa, indica possibilità ed esplicita finalità, diviene consulente sui contenuti, interviene su richiesta del gruppo, osserva le dinamiche relazionali ed i percorsi, prende nota di atteggiamenti, modalità di lavoro, problemi e soluzioni, utilizzando schede per una veloce raccolta delle osservazioni. Per lavorare in modo funzionale e produttivo è necessario progettare accuratamente il percorso ed i materiali, prevedendo anche possibili cambiamenti di rotta per accompagnare gli interessi o risolvere le difficoltà degli alunni, i compiti devono essere chiari e cadenzati in passaggi che costituiscano momenti di controllo, è bene esplicitare modalità e criteri di verifica per creare lo sfondo in cui ciascuno potrà poi muoversi autonomamente nel rispetto delle regole condivise. Nei gruppi ciascuno deve avere il proprio ruolo ed è necessario lavorare anche sulle modalità comunicative. Stare in gruppo richiede infatti competenze specifiche che non vanno date per scontate: lavorare insieme ad altri mettendo in comune conoscenze e competenze è un agire complesso che richiede capacità di autocontrollo e disponibilità. Il confronto di idee e la discussione sono sempre positivi se si riesce a condurli in ottica collaborativa; diviene allora necessario imparare ad accettare e superare il conflitto, a non esprimere assoluti; a conservare, nei limiti del ragionevole, una certa dose di dubbio rispetto alle proprie convinzioni; ad accettare e riservarsi di verificare i punti di vista diversi; a riformulare il pensiero proprio e altrui. Gli studi sul gruppo e le esperienze di peer tutoring hanno messo in luce come nella relazione con altri il soggetto sia aiutato a manifestare potenzialità cognitive che lavorando da solo non riesce a esprimere (Vjgotskij le definisce "zone di sviluppo prossimale"). Inoltre, l'essere chiamati a relazionare sia sui contenuti del lavoro, sia sulle dinamiche del gruppo, sui problemi non risolti e sulle soluzioni adottate, porta a far crescere la motivazione intrinseca. Il referente non è più solo l'insegnante che sancisce con un voto il livello raggiunto, ma tutta la classe che valuta risultati ed impegno del singolo e del gruppo, riuscendo in genere ad essere molto attenta e corretta nella valutazione. Durante il lavoro abbiamo potuto ancora una volta osservare come l'uso consapevole delle tecnologie può ulteriormente potenziare gli elementi che abbiamo finora considerato. Strumenti tecnologici orientati alla costruzione comune della conoscenza, allo scambio costante di impressioni e di elaborazioni durante lo svolgimento del compito permettono anche di tenere memoria delle discussioni e del lavoro svolto. Ambienti come CMap enfatizzano la storia del gruppo che diviene evidente e riconoscibile, permettendo di lavorare sul piano metacognitivo e di sviluppare la coesione e la percezione di autoefficacia (empowerment) del gruppo stesso. Inoltre l'interazione mediata dal computer, dai tempi più dilatati rispetto alla comunicazione orale, ha consentito una maggiore riflessione sui propri ed altrui percorsi, sugli intrecci possibili tra i vari interventi ed i materiali pubblicati7. Ecco allora che, se i modelli mentali possono essere utili strumenti interpretativi dei significati che individui e gruppi attribuiscono ai loro saperi e delle procedure mentali messe in atto per apprenderli, le nuove tecnologie, se usate in modo consapevole e attivo, possono diventare ambienti facilitatori ed enfatizzatori di tali potenzialità metacognitive. Anna Carletti - Sonia Mascheroni a.carletti@fastwebnet.it sonia.mascheroni@tin.it 1 Questa linea didattica scaturisce dal percorso di ricerca-azione svolto dall'equipe IAD di Milano, coordino insieme ad A. Varani dal 1992 (www.oppi.mi.it/equipe/IAD). In seguito ai contatti avuti con il Prof. J. Novak per il suo intervento convegno "Costruire l'insegnamento - Costruire l'apprendimento" si è concordata una sperimentazione del software Cmap distribuito dalla sua equipe di lavoro. (cfr Atti convegno, OPPI Edizioni) 2 Il numero di quattro componenti è preferibile in quanto facilita la circolazione delle informazioni, rende più difficile l'emarginazione di qualche suo membro ed è più "governabile", soprattutto nelle prime esperienze collaborative. S. Kagan, Apprendimento cooperativo: approccio strutturale, Edizioni Lavoro, Roma, 2000; D. W. Johnson, R.T. Johnson e E.J. Holubec, Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il rendimento, Erickson, 1996. 3 "Lavorare in team", di A. Varani, in Didattica costruttivista e ipermedia, a cura di Tarcisio Lodrini, F.Angeli, 2002 4 Per l'assegnazione dei punteggi si è fatto riferimento op. cit. a cura di T. Lodrini e a J. D. Novak e D. B. Gowin Imparando a imparare, SEI Torino 1989. 5 Per ampliamenti si vedano i testi di J. Novak, L'apprendimento significativo, Erickson 2001 e Didattica costruttivista e ipermedia a cura di T. Lodrini, Franco Angeli 2002. 6 Varisco (2000) colloca Piaget e Ausubel all'interno del costruttivismo interazionista che, pur partendo dall'idea di una matrice logica universale e a-contestuale della conoscenza, indica appunto come essenziale l'attività intenzionale del soggetto. 7 Calvani, Comunicazione e apprendimento in Internet, Erickson, 1999, soprattutto il capitolo "Tecnologie e relazioni collaborative"